Risacca #7

Un dolce brivido mi importuna. Principia dal collo…a domino solleva i suoi fratelli lungo il braccio. E’ come una fresca brezza che gonfia le vele dell’emozione del piccolo natante. La bonaccia, che l’aveva lasciato indisturbato per qualche tempo, viene subito dimenticata. Non ci aveva nemmeno fatto troppo caso in verità…quel piccolo legnetto è abituato a vedere alternare momenti di stasi a raffiche più o meno prorompenti. I teli sono sempre spiegati, pronti ad accogliere il minimo alito per sospingersi un po’ più in là…nel mare dei sentimenti puri…

Che poi, basta chiudere gli occhi per un attimo, per lasciare increspare la nostra pelle. E’ sufficiente lasciarsi cullare dalle prime due note della canzone che conosciamo a memoria. Di quella canzone che ha colorato i contorni del nostro album. Ci ha fatto da ambrosia, latte e miele in alcuni momenti…a tratti è stato il fiele peggiore, capace di strapparci una quantità di liquidi da due fori così piccoli che nemmeno potevamo immaginare riuscissero a contenerla tutta. Sciocchi! Non sappiamo forse che quei due abissi riescono a contenere un’anima intera? Cosa possono essere le liquide scorie di dolore che ne sgorgano??? I dorsi delle nostre mani si sono amareggiati instancabilmente…hanno offerto il loro tenero aiuto agli statici fratelli. Ne hanno asciugato i bordi amorevolmente. Li hanno rincuorati assicurandosi che si ricordassero anche della tiepida pioggia che sanno scaturire nei momenti di gioia più profondi. Quei momenti in cui le gocce, meno salate stavolta, toccano piano gl’incontrollabili brividi che ricoprono ogni centimetro delle braccia, dorsi delle mani inclusi. Trovano sinuosi la loro strada tra le piccole colline…mentre si accendono le luci più candide tra le nostre labbra. Si spalanca la porta del cuore. Lascia scappare gli spiriti intrappolati dell’Amore. Steso, fianco sinistro io, destro tu…due consolatrici mani intrecciano i loro fili indisturbate. Le sorelle esplorano il viso altrui. C’è nell’aria il profumo del solletico. Risuona cheta la tramontana delle appena cessate risa. Calmi, i polpastrelli scorrono adattandosi ad ogni valle e cupola del tuo volto. Tremano leggermente…giunchi lacustri scossi dal silenzioso alito delle sere di estate, quando il tramonto sa giocare con le ombre a rendere ogni curva ancor più perfetta. Ci abbandoniamo a ridisegnarci le labbra, mentre gli occhi desiderano solo potersi adagiare sulle tue guance…stesi, gomiti a terra e piedi in alto a contemplare sognanti quel panorama segnato da tante gioie ed altrettanti dolori. Le dita non sono mai sazie della tua pelle, e scostano lente i fili dorati a scoprirti l’orecchio…seguo quella parabola perfetta, che scende a chiudersi sul collo. Non c’è fretta…assaporiamo ogni sfumatura di questo momento. Ci nutriamo del soffice sfregare delle dita sulla pelle altrui. Mentre il ritmo scandito si fa più incalzante. Lo possiamo sentire l’uno dell’altra, un crescendo di percussione che il respiro traditore accompagna e smaschera. Il petto si gonfia e svuota assecondando il direttore di questa insolita orchestra, mentre i palmi accarezzano la spalla, piano…le due ruote si fanno sottili fessure, perfette…sorridi…le gote si fanno pesche. Ne profumano anche…ma è solo l’aroma del tuo shampoo, che pervade le mie narici, quando oso avvicinarmi a lambire quella pelle a lungo ammirata con le mie labbra. Deposito piccoli sigilli, assaporando nel percorso tutti i gusti del mondo sparsi a manciate su quelle colline imperfette. Potrei esplorarle ad occhi chiusi per giorni…non posso pensare di lasciare degli angoli sconosciuti in questo giardino dei sensi. Ed intanto la punta delle dita scivola, a danzare sui tuoi fianchi. Si arriccia la velina liscia e tiepida…sorridi…ancora…non ricordavi quanto potesse guarire un cuore un gentile walzer dei polpastrelli sul corpo. Vivo delle tue piccole pieghe attorno agli occhi quando sorridi di sincero piacere. Dell’istante in cui le tue palpebre cominciano a nascondere gli iridi quando ti sfioro i capelli. Del piccolo venticello che mi investe quando leggera ti avvicini a reclamare che ti faccia da armatura per tutta la notte: la tua testa sul mio petto, le braccia a cingerti le spalle, gambe incrociate. Nessun demone stanotte può farti del male…

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