Risacca #13

Tu ti gratti la testa sino ad avere piccoli tasselli di cute tra le dita. Sei nervosa ed il tuo corpo ti chiede di infliggerti una qualche punizione corporale. Io? Io mi metto le mani in bocca quando sono agitato. I bordi più esposti sono quelli più aridi, più scrocchiarelli sotto i denti. Ma mi diverto a scorticarle anche.  Lentamente, in modo ordinato. Ogni pezzettino attorno all’unghia va levato con cura. Alla fine dell’opera devo poter osservare il risultato compiacendomi di aver livellato l’epidermide attorno a quei pezzetti di luna. Passo il polpastrello del dito adiacente per assicurarmi che al tatto sia altrettanto piacevole quella minuscola superficie. A pensarci bene ottengo del piacere dallo strappare con i denti o con le dita dei pezzetti ancora vivi da me stesso. Sono sostanzialmente un sadico autolesionista. Questa è la mia diagnosi!

E’ incredibile come, a soffermarvici con attenzione e descrivendolo con sufficiente dovizia di particolari, un qualsiasi gesto possa sembrare opera di uno psicopatico. O, quantomeno, di qualcuno con un qualche tipo di disturbo. Ed un bravo psicologo saprà ricondurre certamente tale incongruenza comportamentale ad un trauma infantile, ad una situazione famigliare instabile, ad un comportamento poco ortodosso tenuto dal padre. Quante volte penso a come sia davvero tutto riconducibile a quella tessera mancante nel grande puzzle che è la famiglia. Ci costringono a completarlo senza nemmeno tenere a portata di mano l’immagine originale. I colori ci aiutano e guidano: così prepariamo diligentemente mucchietti colorati. Mettiamo assieme sfumature di rosso nell’angolino a destra, gli azzurri vanno invece laggiù in alto, i verdi ed i gialli lì a sinistra, mentre i pochi pezzettini restanti li teniamo nel centro tutti assieme, per tirare ad indovinare dove quei colori inaspettati possano andare a combaciare nel quadro generale. Ma siamo già fortunati a poter usare i nostri specchi per guidare le nostre dita ad incastrare, un pezzo alla volta, all’inizio tutta la cornice esterna che andremo a riempire un poco per volta. Ad alcuni non è nemmeno permesso di vedere quale tassello stanno toccando. Con la scusa di rendere il gioco più divertente e meno noioso i Grandi appoggiano nemmeno troppo delicatamente le loro mani sulle palpebre del povero mosaicista. Alla cieca figliolo. Ora solo quella pelle che ti piace torturare coi tuoi stessi denti può guidarti a riconoscere i profili di ogni piccolo pezzo. Potrebbero volerci anni solo per far combaciare due pezzi fra loro.

Ma è proprio qui che ti accorgi della svolta. Hai toccato centinaia di cartoncini ingannevoli: si assomigliano tutti accidenti. Ma i tuoi polpastrelli non sono mai stati così abili. Quando sei riuscito ad incastrare tra di loro due tessere, non puoi credere a come le tue mani si muovano abilmente a ricomporre tutta la figura. Le mani, intanto, che ti oscuravano la vista cadono deluse dal ludibrio che gli hai inflitto con la tua destrezza. E torni a riabbracciare ogni colore, beandotene. Le forme che prima solo percepivi al tatto, ora sono reali. Anche il loro odore comincia a permearti le narici. Vuoi godere di ogni singolo loro aspetto. Sei uscito dalla caverna, non più solo di ombre vive la tua conoscenza. Ma di una profonda consapevolezza della molteplicità della vita.

Lascia che ti bendino stretti gli occhi. Lascia che ti impediscano di vedere i colori. Vivi delle tue capacità senza vergognarti del tempo che impieghi ad incastrare tra di loro i primi due pezzetti. Ma prima smetterai di cercare di capire perché e chi ti stia oscurando la vista, prima accetterai di avere le tue sole dita a guidarti, beh, il più velocemente affinerai le tue doti e godrai della vista del più bel mosaico che tu abbia mai composto. Lasciami gioire con te della tua opera. Lascia quantomeno che i miei arti ti guidino a tuffare quelle dita affusolate e frenetiche nel mucchio delle tue coloratissime tessere…il resto verrà da sé.

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