Risacca #18

Quando il dolore è là, quando lo senti, si appoggia irrispettoso sulla staccionata del cuore. Con la schiena e tutto il suo peso ad inarcare quella recinzione malferma. Il dolore è là, ma non riesci a cacciarlo.

Ho provato a dissuaderlo dal comportarsi così:

“Perché proprio qui devi stare? Non vedi che ho appena riparato quell’asse e riverniciato di fresco tutto qui attorno? Perché vuoi dare noia proprio a me? Ascolta, possiamo trovare un accordo…ti va? Ho appena sfornato di fresco una bella torta. Ah, sapessi, è ancora tiepida nel mezzo, con una crema tanto dolce da poter ammansire la belva più feroce. Ho usato quella bacca nera tanto odorosa, lasciandola in infusione per estrarne tutto l’aroma. E la frutta che vi ho sopra adagiata. In perfetto ordine. Fragole e kiwi in ordine alterno nel cerchio più esterno. Delle vividissime pesche a far la ruota un po’ più nel mezzo. Infine ho colmato il vuoto al centro con una miriade di piccolissime e succosissime bacche. Non puoi immaginare come ora risplenda ricoperta da quella lucida gelatina. E’ tutta perfetta in gusto, sapore, odore ed allo sguardo pure. Anche il tatto ne sarà soddisfatto, ché la vellutata crema accarezzerà il palato con la sua misurata consistenza. Un appagamento di tutti i sensi. Ecco, questa torta sta aspettando la mia Amata, quando tornerà a riabbracciarmi. Ma sono disposto a privarmene e fartela assaporare. E’ tutta tua: prendi! Ti chiedo solo di allontanarti da questa recinzione che ho con cura rattoppato dopo l’ultima tempesta rovinosa. L’aveva tutta piegata, alcune assi addirittura erano state divelte, mentre più paletti si erano visti eradicare dalla loro postazione. Ho provato a correre dissennato da un lato all’altro, mentre mille aghi mi torturavano il volto, per fermare quello scempio. Ma a nulla è servito questo mio affaticarmi. E’ stato terribile. Senza nemmeno poi riuscire a godere della vista di un pezzetto di arcobaleno in quel grigiore. Amo questa staccionata, non è troppo alta come vedi: possono bene entrarci tutti, volendolo. Semplice è per i più pargoli, che devono solo chinare appena la loro testa. Ma per i più cresciuti, beh, devono metterci un pochetto di impegno. Devono voler riuscire a scavalcare, un piede dopo l’altro, senza aver paura di fare un piccolo balzo. Lo ammetto: non è proprio così semplice. Ma solo perché non si sono accorti che basterebbe tornare a gattonare, senza paura di sporcarsi per una volta quei maledetti pantaloni sulle ginocchia, per poter facilmente superare tale ostacolo. Lo sai, si, ne sono certo, che a volte per arrivare più in alto è meglio guardare in basso. Avere l’ardore di tornare a profumare di erba e terriccio, mentre si guarda tutto il mondo dal basso verso l’alto.

Beh, ma che aspetti? Prendila, allunga una delle mani che tieni conserte. Puoi metterti a gustarla proprio là su quel bel masso ricoperto di fresco e morbido muschio. Oppure quella panca laggiù. E’ comodissima, una volta mi ci sono seduto. Io tornerò poi al desco a preparare la frolla. Anzi, ancor meglio, attenderò il ritorno di Lei, per poter separare assieme i tuorli dagli albumi, per ammorbidire il burro tra le mani, e stendere la farina sulla spianatoia. Assieme a Lei. Cucinare la crema. Nell’attesa che tutto si raffreddi impiastricciarle i capelli di farina e carezze. Cominciare a disporre i tocchetti di frutta un po’ alla rinfusa, lasciando che mangi i pezzi più gustosi dalle mie mani, con quel brivido di piacere che mi pervade ogniqualvolta le Sue labbra sfiorano le mie dita. Ed alla fine quella frutta non sarà abbastanza, perché tra tutte quelle risate, i suoi denti si saranno serrati un po’ troppe volte vicino alle mie mani. Rimarrà un triangolino scoperto, già lo so. Ma non mi interessa. Quello è il mio triangolino: ho già avuto la mia dose di infinita dolcezza per oggi. E finirò con l’abbeverarmi dai Suoi umidi ed enormi occhi, quei pozzi in cui ho ripescato mille volte il secchio della mia speranza ricolmo dopo avercelo gettato miseramente vuoto e secco tanto da scricchiolare sotto le mie dita.

Ecco, sì, farò così. Cosa dici? Ti sembra uno scambio equo?”

Mi ricordo bene con quale sguardo mi ha compatito in quel momento:

“Sì certo, come preferisci. Tanto a lei la frutta non piace”

Ha afferrato la torta e si è allontanato fischiettando fastidiosamente. Mentre un nuovo dolore appoggiava la sua pesante schiena sul lato opposto del recinto.

Quante torte dovrò ancora cucinare per liberarmi di voi?

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