Risacca #38

Ti voglio raccontare questa piccola storiella. Non ti ruberò più di dieci o quindici minuti (dipende da quanto velocemente sai leggere e quanta attenzione deciderai di porre nell’atto). Dopotutto, ormai le pagine fitte hanno meno attrattiva delle citazioni estrapolate dal contesto. Non importa poi troppo se le prime siano sostanzialmente e formalmente di qualità superiore rispetto alle ultime. Sembra che la capacità di sintesi sia divenuta essenziale, necessaria di questi tempi. Sapersi sbrodolare di parole, per quanto dolci e morbidamente adagiate, sembra un futile spreco di energie. Un lusso incomprensibile ed incompreso da chi (quasi tutti) abbia deciso che qualsiasi impegno richieda un tempo superiore ad una rapida occhiata sia oltremodo sconveniente, oltre che stupido. Si agghindano di spezzoni di film, ostentano citazioni a casaccio e dimenticano il piacere di assopirsi sulle pagine di un libro. “Un’immagine vale più di mille parole“, dicono. Eppure in pochi sanno che quell’immagine è solo un tassello di una raccolta incredibilmente più ampia e comprensiva. L’immediatezza è la culla della progenie ignava, è la sconfitta dello sforzo di immaginazione, è la tomba della fatica appagante.

Ed ora che avrò perso chi di voi ricusa le prediche a fondo perduto e preferisce lasciar cadere la propria attenzione sotto i colpi del tedio, vediamo di spalmare quello che rimane da dire in uno spazio consono.
Quello che ti voglio oggi raccontare è questa visione delle anime. La storiella dei secchi secchi. No, non ho sbagliato a scrivere. Prova a pensare: ogni persona che calca la superficie del mondo è un po’ un secchio. Alcuni hanno un solo manico, altri due maniglioni; alcuni sono di vivo legno, altri di colorata plastica; alcuni sono molto capienti, altri ancora non possono che accogliere poche gocce. Ognuno di noi è un secchio, e non possiamo decidere la nostra forgia. Ci rimane solo una cosa da fare: scegliere il contenuto. E, prima ancora, decidere se lasciarci riempire oppure no.
Tralascio le elucubrazioni sulle categorie di mezzo, sulle dimensioni e sulla scelta del contenuto, perché mi preme tu conosca a fondo i due estremi di questo amplissimo spettro di secchi. In particolare, su tutto, mi meraviglia la capacità di alcuni di essi di sapersi riempire con una velocità ineguagliabile. Questi, i secchi comunicanti, riescono a raccogliere le gocce che cadono da più parti, soprattutto da altri contenitori meno attenti o generosi in diversa misura. Tali secchi sono i più sensibili, sono quelli che imbevono l’anima di ogni liquido che contengono. Capirai te stesso quale rischio corrano costantemente: si lasciano avvelenare sovente dalle sostanze raccolte da secchi vicini. Soffrono senza eguali ogni volta e, riconosciuta la sostanza venefica, distillano il loro contenuto. Lo purificano, al fine di poterlo riversare nei loro vicini che gemono e bramano nettare pronto all’uso. Sono instancabili in quest’opera di travaso e con tanta facilità si riempiono quanto altrettanto facilmente si svuotano. Eppure, il peggior connubio è quello che può nascere tra un secchio di siffatta natura ed un secchio secco. Quest’ultimo ha una caratteristica sinistra: è bucato. Non voglio entrare nel merito della consapevolezza, non voglio discutere sul fatto che esso sia totalmente ignaro di questo foro o che ne ignori volutamente l’esistenza. Il risultato è comunque quello di mostrarsi assolutamente arido, indipendentemente da quanto sforzo il secchio comunicante possa profondere. Se sei un secchio secco, probabilmente non sei nemmeno giunto a questo punto della lettura, oppure sei talmente consapevole del tuo foro che hai la faccia così tosta da andartene in giro vantandoti di saper travasare l’aria più pura che la Terra abbia mai visto. Ma tu, secchio comunicante, che stai leggendo, probabilmente troverai sollievo nel constatare che questo che sto per descrivere è il decorso naturale degli eventi. Tu, continuerai a versare i tuoi distillati più puri nell’arido contenitore, struggendoti nel notare che il tuo impegno a migliorare qualità e quantità non porti alcun risultato. Ti sembrerà di non essere abbastanza capiente o abbastanza accorto, incapace in quell’atto di travaso che ti gratifica tanto. Ti sentirai inutile ed inadatto. Fino a quando, crollando sulle tue ginocchia, ti accorgerai di quel foro sul fondo del secchio secco. Strabuzzerai gli occhi, farai notare quel foro al suo padrone e questi farà spallucce. Allora tu, sgomento, comincerai ad infuriarti, il risentimento crescerà in te e tu, tu comincerai a travasare i tuoi balsami in altri secchi, cautamente, misuratamente. Un po’ alla volta imparerai a riempirti sempre più del Divino che alberga nella natura, standotene da solo immerso in essa, anziché accogliere sozze gocce spillate da lerci otri. Verrai spesso additato per non voler più condividere volentieri i tuoi nettari, se non con chi comprenda davvero l’impegno per estrarli e concentrarli. Vorrai viaggiare per conoscere altri secchi comunicanti come te e gioirai quando ti accorgerai di riuscire finalmente a riconoscerli senza fatica tra molti altri. Il senso di colpa ed inettitudine sarà svanito durante il tragitto, sostituito dalla pesante certezza che la vita è costellata di aprosdoketa: un meraviglioso inghippo dopo l’altro.

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