Risacca #19

Qual è l’ultimo momento in cui puoi cambiare il tuo passo? Qual è il segno che delimita il punto di non ritorno? Chi decide se possiamo ancora far perno sul nostro tallone per voltare le spalle ad un sentiero oppure siamo costretti a percorrerlo sino in fondo, sino a quel piccolo abitato che ci pare tanto accogliente da qui distante?

Quanto siamo distanti dalla fine di quel sentiero che si dipana di fronte a noi? Non sappiamo nemmeno se sarà largo abbastanza per tutto il cammino, se il ghiaino sarà altrettanto tondeggiante poco più avanti o se qualche malintenzionato possa essere acquattato nell’ombra di un ameno cespuglio, pronto a depredarci dei nostri pochi averi. Non ci è dato di sapere.

Procedo malfermo con una scarpa che ormai assomiglia più ad una vecchia ciabatta, trascinando un malconcio sacco di cocci che fragorosamente sono rimestati forzatamente  dal mio incedere. Erano vasi stupendi una volta, li ho raccolti in ogni luogo che ho visitato, grazie a quelle piccole deviazioni dalla strada maestra che ho fatto di tanto in tanto. Ne ho visti di tutte le forme e colori, sai? Ognuno di loro ha un odore diverso, perchè contenevano fiori o spezie differenti. Ora tutti quei profumi fanno a gara a chi primeggia nel sacco buio. Si accapigliano per mettere fuori il naso o per carezzare un po’ più decisamente i pezzetti di argilla cotta. Guardali, come sono tutti mescolati ora. Mi chiedi che li trasporto a fare ancora? Non sai che non si butta via niente? Non sarai anche tu un povero illluso, di quelli che pensano che ricomprare lo stesso vaso nello stesso mercato due volte ti possa assicurare di avere la stessa emozione nell’accarezzarlo?! Ogni vaso è differente. Lo stesso vasaio un giorno mette tre gocce in più di acqua nel verde, usa una barbotina più diluita per incollare i manici, ruota il tornio un pochino più velocemente. Altri giorni, lo sai che fa? Ripensa alla donna che teneva tra le braccia solo fino a poco tempo prima, quella giovane scapigliata che lo sapeva pungere nel profondo, stupire quotidianamente, infiammare ogni secondo e far sorridere costantemente al solo suo pensiero. Beh, ecco, lui pensa a questa forza della natura e piange, piange perchè ella  non cammina più al suo fianco. E non è più ad aspettarlo al rientro per stupirsi del meraviglioso vaso che quel giorno l’artigiano ha forgiato per lei e lei solamente. Ha saltato la pausa pranzo quel giorno per tornire il più magnifico oggetto da quella povera materia su cui camminiamo tutti i giorni. Ne ha fatto un’opera d’arte, le cui curve sono la perfetta riproduzione di quelle dell’amata.

Eppure, d’improvviso, quelle attenzioni a lei sono venute a noia. Si è stancata di accatastare i vasi l’uno sull’altro. Un giorno, al rientro del vasaio, ella decise di impugnare con sprezzo quella terra cotta e tentò di ricondurre al suo luogo di appartenenza naturale quell’oggetto. Mandandolo in mille pezzi. Aveva appena fatto lo stesso col cuore dello stolto artigiano. Come se il vaso fosse propaggine del corpo stesso dell’uomo, il suo viso si sgretolò senza preavviso. La donna non aveva nemmeno avuto la decenza di guardare i ghirigori che l’artigiano aveva imparato a disegnare appositamente per decorare quel pezzo, perché voleva potesse riprodurre fedelmente le ciocche di lei, quando uscita dalla doccia, nuda, le si appiccicavano al corpo ancora umido.

Ecco, in quei giorni, i sali delle lacrime si mescolavano ai minerali dell’argilla rendendo il prodotto finale più fragile. Ma al passaggio dei polpastrelli sulle porosità, ne scaturiva un suono unico, una melodia triste. Quasi il vasaio avesse registrato i suoi singhiozzi nelle striature del vaso. Avesse imprigionato i fantasmi di un amore passato in un pezzo inanimato, donandogli uno spirito.

Hai capito ora perché non getto quei cocci? Sto aspettando di giungere in quel luogo dove finalmente potrò riposare la mia schiena, magari comprarmi un paio di scarpe nuove, farmi una bella doccia calda e poi sedermi ad un tavolo. Qui, dopo aver sedato la mia sete, comincerò ad estrarre uno per uno tutti i pezzetti, dividendoli per colori, dimensioni e spessore. Il tutto mentre i profumi faranno a pugni nelle mie narici. Lì, scateneranno i ricordi di ogni luogo da me visitato, riempiendomi il cuore di dolce nostalgia. Le mie mani andranno a ricomporre, nel frattempo, ogni vaso. Uno straterello di colla alla volta, senza fretta, lasciando che le melodie quasi scordate guidino il valzer delle mie dita. Piano piano, ogni pezzo d’arte riprenderà la forma originaria, ed io potrò tornare ad accarezzare la superficie di ognuno di essi. Mettendoli in bella mostra su quella credenza che ho creato appositamente per loro, nella nostra casa. Quella casa che ora profuma degli oli che riempivano i vasi che ho raccolto sulla mia strada.

Fremo all’idea di vedere la tua collezione di vasi. Quanti ne hai? E di quali umori sono impregnati i loro pori? Si, lo vedo che sono tutti messi assieme un po’ alla bell’e meglio, ma più piccoli sono quei pezzettini che compongono il singolo vaso, più sono i passi che hai percorso da solo trascinando il pesante fardello. Ho sempre dubitato di chi mi mostra dei maestosi vasi di finissima porcellana tutti perfettamente intatti e mi racconta di averli comprati in paesi lontani. Probabilmente questi megalomani sono stati accompagnati in braccio per tutto il loro tragitto, e non capiranno mai il valore di aver trovato finalmente la credenza giusta su cui appoggiare quei pezzi di terra cotta.

Non aver paura di cercare il sentiero che ti porterà a quel tavolo dove riaggiusterai i tuoi vasi. E non sentirti in colpa se per lungo tempo hai percorso il sentiero sbagliato. Avrai raccolto così tanti vasi che poi sarai soddisfatto della tua collezione e tanti la invidieranno. Tanti, meno coloro i quali posseggono quei maestosi vasi di porcellana. Ma loro non conoscono il suono dei singhiozzi di un artigiano innamorato. E mai comprenderanno il piacere di condividere la credenza con altrettanti vasi sgangherati intrisi di passione.

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