I puntini

“Un’altra cosa che devi ricordarti, è che non ci sono seconde possibilità nella vita”. Seguì una brevissima pausa. Aldo aveva pronunciato quella frase in tono così sobrio che Roberto aveva impiegato più di qualche attimo per assorbirla ed elaborarla. Giusto il tempo per sviluppare un sommesso disagio dentro di sé ed esprimere il proprio disappunto: “Ah…non credi ci siano seconde possibilità? Credi che siamo condannati ad avere una singola freccia con sopra l’etichetta del successo? Successo in un particolare mestiere o relazione, ad esempio. E possiamo scoccarla una volta solamente, pregando che il minimo, inatteso soffio di vento non la devi dalla traiettoria? Come potremmo vivere se così fosse? Come potremmo fare delle scelte senza esitare fino all’inerzia più completa, terrorizzati al pensiero di sbagliare quel tiro? Inoltre, come per ogni disciplina che si rispetti, e forse più di altre, il tiro al bersaglio della vita necessita di esercizio continuo: bisogna capire come impugnare l’arco, quale inclinazione dare alla traiettoria e quanto tendere la corda a seconda della distanza del bersaglio. Le variabili sono così tante che anche dopo mille frecce scagliate probabilmente non avremo ancora imparato a fare centro, ma ci saremo avvicinati considerevolmente ad esso”.

Roberto, durante il suo ragionamento, cadenzava ogni punto con un cenno del capo e mostrando i palmi, facendo trasparire una certa frustrazione, anche se contenuta ed arrotondata dall’esperienza. Aldo, a quel punto, riprese, incalzando l’interlocutore “Ma ancora prima di tutto questo, quale arco credi sia migliore per quel preciso tiro? Di che materiale devono essere l’arco e la freccia? E la corda?” “Esattamente!” disse Roberto, stupito di questo inatteso appoggio alla sua posizione. Aldo continuò: “Le variabili sono infinite e, come tu stesso ben dici, prima di saperle controllare avremo scoccato un migliaio, un milione di frecce se siamo fortunati. Saranno dietro ai bersagli, una foresta di penne a monito dei nostri errori. Ma, possiamo limitare lo stillicidio di frecce innocenti, lasciate soffocare a testa in giù nell’arida terra. Osservare chi affianco a noi scaglia frecce è la strategia migliore per limitare le perdite. Non dico chi fa centro ad ogni tiro, ma anche e soprattutto chi scaglia le frecce più distanti dal bersaglio. L’apprendimento negativo è l’approccio migliore per chi voglia davvero migliorare. Ricordi il vecchio adagio che comincia con …vedere la pagliuzza nell’occhio altrui…? È il modo in cui noi umani siamo stati plasmati: siamo davvero bravi ad usare ogni nostro senso per mettere sotto l’occhio di bue, nude, sul palco le minime inesattezze altrui. E nel frattempo lasciamo che le nostre nefandezze ballino scoordinate senza prestarvi troppa attenzione. Due sono le lezioni che da questa consapevolezza possiamo imparare, una più “interna” e l’altra più “esterna”. In primis, possiamo imparare ad incanalare questa predisposizione a notare gli errori negli altri per poter puntare il dito verso noi stessi e quegli stessi errori che grossolanamente noi stessi commettiamo. Imparare ad usare ciò che di negativo vediamo al di fuori di noi è quello che chiamo lo “crescita a specchio”, perché possiamo usare l’evidenza del negativo che cogliamo negli altri come riflesso delle nostre stesse limitazioni. All’inizio, come primati di fronte ad un oggetto che rifletta, possiamo provare disturbo e paura di fronte a quell’immagine tanto simile a noi. Ma, superato questo primo momento, dovremmo riuscire a trarre vantaggio da questo specchio della nostra persona, limitando il pubblico linciaggio altrui e levigando le superfici più ruvide di noi stessi. Quelle di cui poso prima nemmeno conoscevamo l’esistenza. Questa crescita verticale del nostro spirito avrà una ricaduta immediata su noi stessi, creando un circolo virtuoso di valutazione e correzione. Contemporaneamente, in modo più o meno involontario, la nostra crescita sarà benefica per chi ci è intorno, limitando il dolore che il nostro essere naturalmente imperfetti causa negli altri ed ispirando ad una simile crescita. Meglio ancora, durante la nostra crescita verticale è nostro dovere e parte del contratto sociale che tacitamente firmiamo ogni giorno, oltre che essere innegabile fonte di piacere, provvedere ad una crescita orizzontale degli individui attorno a noi, rispettandone tempi e modi. Diventando propugnatori dell’insegnamento attivo”.

“È una visione interessante, ora comincio a capire la tua posizione. Sono curioso di sentire quale sia il secondo punto ora” intervenne Roberto. Aldo proseguì. “Il secondo insegnamento che possiamo trarre è che chi ci circonda è come noi, ma potrebbe non provare interesse in una crescita personale. Oppure ancora, potrebbe non essere ancora giunto alla consapevolezza di questa necessità e, chissà, mai arrivarci. Quello che intendo dire è che queste persone sono predisposte ad additare le nostre macchie ed azioni sgraziate senza troppo pensare. Sii pronto ad accettare queste situazioni, perché sono parte innata della natura dell’uomo. Fanne tesoro, perché si tratta di consigli mal posti, di un processo di valutazione eseguito da qualcuno gratuitamente e mai richiesto. Come tutte le revisioni, alcuni dei punti portati all’attenzione potrebbero essere il frutto di gusto personale. Ma starà a te discernere queste mere opinioni e lasciarle cadere, distillando solo la vera essenza delle critiche. Imparare a non soffrire all’impatto di queste parole d’acciaio è probabilmente il più difficoltoso fra i passi della crescita personale. Ma, ad ogni impatto, il dolore diventa meno acuto, meno intenso e stemperato dalla dolcezza del pensiero della futura crescita. Cresciamo a piccoli passi verso una sorta di super-uomo capace di provare emozioni, ma senza lasciarsene travolgere. Accettandole come necessarie nella vita, ma sapendo sopportare le fiondate di un destino ingiurioso ed imparando ad essere creta umida anziché finissima porcellana.”

Durante questo discorso, Roberto annuiva lentamente. Amava la compagnia di quell’uomo e spesso rimaneva in completo silenzio lasciando che le parole di Aldo permeassero la sua anima, usando il filtro della sua esperienza per imbibirsi delle vedute dell’amico. “Dunque ricapitolando: siamo naturalmente portati a vedere il “male”, passami il termine e la grande semplificazione, negli altri più che in noi stessi. Questa nostra predisposizione genetica – ed inevitabile in quanto tale – può essere rigirata a nostro vantaggio imparando ad aggiustare il tiro in noi stessi prendendo spunto dal negativo che vediamo in altri ed, allo stesso tempo, accettando ed ancor più desiderando le critiche, per quanto aspre, altrui. Fino a qui, sono sulla tua stessa barca. Ma non hai ancora fatto niente per quell’elefante nell’angolo della stanza…”
Aldo a quel punto aveva sollevato gli angoli delle labbra soddisfatto. Quei due amavano l’uno la compagnia dell’altro. Aldo era felice di poter far prendere un po’ di aria alle proprie idee che troppo spesso teneva sotto chiave. Parlare con Roberto era un esercizio che lo stimolava e soddisfaceva, pago di essere al cospetto di un orecchio ed anima ricettivi.

“Quell’elefante non lo abbiamo di certo dimenticato vedo! Sì, hai ragione, ma credo che fosse necessario creare il giusto presupposto. Vedi, la verità è che non abbiamo solo una freccia per bersaglio. In realtà non abbiamo nemmeno un numero finito di queste frecce. Volendo, possiamo scagliarne alla cieca ed in continuazione fino a quando una si conficchi nella paglia. A quel punto, però, saremo mentalmente e fisicamente provati per gli innumerevoli tentativi. Probabilmente non gioiremmo nemmeno a dovere per aver centrato quel bersaglio. Credo sia evidente come questa non sia la strategia vincente e più efficace. Il metodo migliore risiede nell’allenamento, continuo, costante, osservando chi e cosa ci circonda, mimando il movimento dello scoccare mille e mille volte. In questo modo, ogni freccia che scoccheremo per mirare al centro di un’occasione lascerà ponderatamente l’arco, seguendo la traiettoria migliore che avremo saputo disegnato nella nostra mente. Falliremo. Perché la fortuna del principiante non è un concetto che la vita sembra apprezzare. Per cui ci rimetteremo a studiare, pronti per mirare di nuovo al prossimo bersaglio…”. Aldo a questo punto intervenne: “O allo stesso bersaglio. Questo davvero non conta, vero?! Qualsiasi sia il bersaglio a cui punteremo, non si tratterà di una seconda possibilità. Ma di una possibilità diversa. Le condizioni al contorno saranno cambiate. Il vento, magari sarà più calmo ed avremo imparato a controllare il nostro respiro in modo migliore. Sapremo calcolare un pochino meglio l’inclinazione e la tensione. Staremo imparando ogni volta dai nostri ed altrui errori. Ogni possibilità è una NUOVA possibilità e non una seconda possibilità. Eraclito sarebbe orgoglioso di te, Aldo!”

I due esplosero in una risata. Non riuscivano a trovare il piacere nella compagnia di un altro essere umano tanto facilmente. Ma quando quelle due anime erano sufficientemente vicine da poter risuonare, la Natura per qualche istante si fermava e restava ad ammirare i due piccoli puntini discutere e compiacersi a vicenda delle idee scaturite un po’ dall’esperienza, un po’ dalla capacità di astrazione. Natura aveva dato loro, come a tutti gli uomini dopotutto, il dono della gioia. Aldo e Roberto stavano percorrendo a grandi falcate un sentiero lastricato di insegnamenti e sillogismi. Uno dei pochi sentieri capaci di mantenere viva quella gioia. Nonostante tutto e tutti.

 

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