Una nuova stagione di risacche

La carta si lasciava piegare sotto le sue dita, consumate dal rosicchiare nervoso e costante di tutti i giorni. Obbediente, cedeva al minimo tocco di Paola. Quando era il momento, lei si avvicinava al suo cassetto, estraendo un mazzetto di quadratini colorati. Li faceva scorrere uno dopo l’altro tra i polpastrelli. Paola sembrava interrogare ogni singolo foglio. Le sue dita e i minuscoli rilievi su di esse divenivano puntine di un insolito giradischi, ed i solchi unici di ciaschedun foglietto producevano una sinfonia differente. Paola cosí interrogava quei piccoli pezzi di carta, che rivelavano uno ad uno la loro natura. Ogni quadratino cantava in un registro diverso, raccontado il proprio destino, quali pieghe si nascondessero tra le sue fibre di cellulosa. Michelangelo della carta, Paola metteva a nudo quale opera fosse sepolta in ogni umile quadratino.

Ed i momenti di questa interrogazione erano in genere quelli in cui Paola vedeva la sua vita camminare al suo fianco appena più rapidamente di quello che lei potesse fare. In quei momenti, lei raccattava il suo mazzetto di fogli, li accarezzava uno dopo l’altro, li lasciava cantare, li ascoltava attentamente. In quei momenti in cui niente sembrava poter essere controllato, proprio in quei momenti lei decideva di prendere un quadratino destinato ad essere una rosa e lo assoggettava alle pieghe più radicali, costringendolo ad essere una luna crescente. Cosí Paola affermava il proprio controllo sul mondo esterno: una piega alla volta, beffando il destino incastonato in quella carta.

Nessuno a giudicare quella violenza. Nessuno ad additarla come mostro per questa sua segreta perversione. Solo lei ed un inerme pezzo di carta. In una stanza illuminata solo da una malconcia luce da scrivania. Un puntino ardente che discende lungo una bacchetta di incenso a farle da eco.

Nient’altro.

Lei, sola, ed una luna crescente al profumo di rosa.

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